di Marzio Cortellazzi
Prana, la sua comprensione
L’esercizio o la sequenza è finalizzato alla comprensione di prana che si trova nel cuore della pratica dello Hatha Yoga, ma che allo stesso tempo è sfuggente proprio perché Prana è un “milione di elementi”: en-ergon (energia), una forza interiore che si manifesta negli esseri viventi; in India detti prani, cioè pieni di vita, coloro che anzitutto respirano.
Ma cos’è la vita?
Noi ci nutriamo sia di elementi misurabili che non misurabili:
- L’INTERESSE dà uno scatto, una carica vitale emotiva (emos) che provoca una SOMATIZZAZIONE, una risposta nel corpo, e solo in quel caso la mente prende visione dell’evento, lo conosce, altrimenti finisce nell’inconscio.
- La SENSORIALITÀ EMOTIVA attraverso gli organi della conoscenza, crea una MEMORIA.
- In seguito la mente mette un PENSIERO, un GIUDIZIO. Ruolo della mente è guidare quel prana che se no, la calpesterebbe.
Il pensiero è quindi creato dall’attivazione di un’emozione (stimoli sensoriali che creano una risposta nel corpo), cioè dalla Shakti, quella potenza universale che attiva il Lingam di Shiva e lo fa diventare “Fausto”, ma senza la quale diviene un cadavere (Shava): lei (EMOZIONE) assieme al cadavere (CORPO) crea shiva (MENTE).
Ma perché prana genera la mente?
Prana è come un animale poco intelligente, una forza della natura, e questo “elefante” deve essere guidato dal bambino, ovvero dalla mente, che ha sì poca forza ma al contempo è l’essere puro che comanda con un bastone (scettro) e che per manifestare la sua intelligenza ha bisogno di un corpo.
La mia mente non solo guida ma dà potenza alla conduzione di prana (manas shaktimat prana).
Vi è quindi un rapporto imprescindibile fra corpo, vita e pensiero.
Perché il respiro è associato a prana?
La mente per guidare prana ha necessità di PERCEPIRE il CORPO e la sua percezione passa attraverso la capacità di respirare bene. (questo non è proprio detto giusto ma lo lascio così: troppo complesso da correggere).
Ora l’elemento Aria (vata) si muove e si espande in qualunque direzione ed ha come sua qualità il tatto o per meglio dire la propiocezione, e la pelle è l’organo più ricco di terminazioni nervose, di cellule sensoriali: quindi il respiro è quel movimento leggero, delicato che in tutto il corpo attiva la percezione intesa come senso di conoscenza del mio corpo e così entro in relazione con prana.
Adesso la mente mette il giudizio e così crea la capacità di interagire con prana: può regolarne l’intensità, amplificarlo, divenendo così una mente che proprio perché lo mitiga è deve essere razionale.
Respirare permette di esprimere il pensiero
Si respira per eliminare l’anidride carbonica e di conseguenza i polmoni sono una sorta di netturbino sotto il comando di due sistemi nervosi, uno dei quali è quello autonomo che dipende tanto dal metabolismo quanto dall’emotivo.
La respirazione può anche essere comandata volontariamente perché ne ho necessità a comando per parlare, cioè per “incarnare il mio pensiero” per comunicare il pensiero nella realtà.
Il respiro Cenerentola o Principessa
E’ difficile agire nella giusta misura sul respiro, perché non ho un metro percettivo che mi permetta di capire se sto esagerando, dal momento che i muscoli respiratori non danno dolori fisici.
La respirazione è un po’ una “Cenerentola”, discreta, economica, che non deve farsi sentire, che non si può mai riposare, che si deve adeguare alla forma del corpo, alle emozioni o all’attenzione mentale, mentre devo cercare di renderla “principessa”, di restituirle il ruolo CENTRALE, al pari di prana che è nel mezzo tra la mente ed il corpo.
Infatti non esiste asana senza pranayama e dharana.
Come respiro
In Shavasana, come anche quando di notte dormo, la mente abbandona il corpo e non vi entra in relazione, non ci sono stimoli fisici ed anche il respiro abbassa il suo metabolismo.
Grazie al respiro sono in rapporto con l’universo ed inoltre incarna la vita con la sua mobilità, leggerezza, armonia, ritmicità che generano la sua bellezza, al patto che riesca a trovare uno spazio di movimento duplice: se c’è una depressione l’aria entra, ma per allargare la gabbia toracica devo applicare una forza a livello muscolare, mentre nell’espirazione, premo ed aumento la pressione all’interno.
Il diaframma è il pavimento della gabbia toracica:
inizio a svuotare con l’espirazione, e poi in inspirazione il diaframma si contrae, riduce la sua lunghezza e scende; mentre nell’espirazione si rilascia e sale; e l’espirazione si intensifica grazie alla contrazione del piccolo dentato inferiore, degli obliqui interni e del perineo (una sorta di cupola muscolare messa a rovescio rispetto al diaframma), il quale sale e scende assieme al diaframma stesso.
Possiamo poi INVERTIRE il PROCESSO NATURALE:
l’espirazione diventa attiva, comprimo la pancia per far salire gli organi e quindi il diaframma, mentre nell’inspirazione faccio rilasciare i muscoli espiratori ed il diaframma scende.
Espiro per dare potenza all’inspirazione (la sovracontrazione espirando decontrae), ovvero depuro il ritmo del respiro che è un movimento globale, unico.
Nel mondo esterno la mente non può interagire direttamente, mentre sul prana può, ed è per questo che tutta la potenza dell’universo è presente anche in noi, motivo per cui bisogna gestire l’attivazione della nostra mente attraverso la visione di se stessi come relazione tra il cadavere ed il proprio prana.
La natura della mente è la velocità che permette di vedere tutto, ma prima deve focalizzare l’attenzione su di un elemento (obbiettivo) e gioire di quello senza fatica proprio perché ne è appassionata: cerco cioè di percepire quello che voglio io in modo attivo (dharma) e “stirando” la sostanza di fondo (coscienza) ho una sorta di ampliamento.
Dove formulo il pensiero e l’immagine?
La mente deve creare un’immagine, ma se non ci riesce segue il respiro per dare un sostegno materiale a prana; non appena la mente dimentica una parte del corpo, quest’ultimo entra in irrigidimento in modo permanente.